Non è una danza né una ginnastica per anziani. Si riferisce a molti stili e questo porta spesso gli stessi praticanti a confondere il senso e la natura che li racchiude tutti. Facciamo chiarezza su uno dei patrimoni culturali della Cina: il Tai Chi.

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La leggenda

La leggenda narra di Zhang Sanfeng, un Immortale Taoista, che un giorno, durante la sua meditazione fu distratto da alcuni rumori. Affacciandosi alla finestra si trovò ad assistere al duello tra una gru bianca ed un serpente. La gru braccava e scagliava il suo becco acuminato contro il serpente che non aveva possibilità di fuggire. 

Il serpente mantenendo una concentrazione totale era in grado di seguire ogni affondo e ritiro della gru, passando da movimenti lenti e circolari a guizzi straordinari che schivavano le beccate secche e dritte.
Alla fine la gru esausta fu costretta ad abbandonare l’attacco e volare in ritirata.

Nell’ammirare la danza ipnotica e i movimenti fluidi del serpente, Zhang Sanfeng fu così colpito dalla sua abilità che, dopo una lunga riflessione sull’accaduto, giunse ad una comprensione: ciò che è morbido e fluido ha la meglio su ciò che è rigido e duro. Studiò così i movimenti degli animali e della natura e sviluppò il Taiji Quan, l’arte marziale interiore che tutti conosciamo, codificata in un sistema di esercizi.

Secondo le varie fonti e i resoconti storici, certamente meno romantici, il Taiji Quan nacque alla fine del XVII secolo come potente sistema di autodifesa e combattimento

Altri racconti dicono che fu sviluppata nel corso di vari secoli come risultato dello scrupoloso lavoro di molti maestri delle arti di combattimento, motivo per cui rappresenta una sintesi genuina delle forme di arti marziali interne ed esterne. Sappiamo comunque che agli inizi del XX secolo il Tai Chi si è diffuso grazie alla sua possibilità di essere praticato come disciplina completa. Sviluppatosi come corpo di tecniche marziali finalizzate alla difesa personale, col tempo ha assunto sempre maggiori connotazioni salutistiche e si è adattato allo scopo di mantenere l’organismo efficiente e preservare da malattie e vecchiaia.

C’è un dettaglio che sfortunatamente è sfuggito a tantissimi praticanti che tutt’oggi parlano di quest’arte marziale come un addestramento prettamente fisico, per la difesa personale o per tenersi in forma. Ma più che un dettaglio è la peculiarità del Tai Chi. Originariamente quest’arte, grazie alla combinazione delle teorie della Medicina Tradizionale Cinese e delle Arti Marziali, aveva lo scopo di preparare corpo, mente e spirito, per giungere alla comprensione del sé

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Il significato di Tai Chi

Il Tai Chi ha diversi nomi e da molti autori è tradotto in svariati modi. Il nome che secondo noi è più appropriato per esprimere meglio il suo senso è Taiji Quan, che letteralmente significa “Combattimento del polo supremo” o “Lotta della suprema polarità”. È anche noto come “Boxe Yin e Yang” ed effettivamente “combattimento”, “pugno” o “lotta”, sono i significati della parola più semplice, Quan. Taiji invece è un concetto molto più complesso. Può essere tradotto come “Suprema Polarità” o “Assoluto che genera i due principi di Yin e Yang”. Il suo simbolo, il Taiji Tu (Tu significa disegno), è appunto il diagramma dello Yin e dello Yang, quello che noi occidentali conosciamo come Tao, in preda a non poche confusioni.

Lo Yin e lo Yang comunque rappresentano due forze, due aspetti energetici distinti e interconnessi, il modo in cui le cose mostrano i loro aspetti e con cui si confrontano. Il Taiji Quan è, per semplificare (anche se semplice non è ), la rappresentazione simbolica di lotta e fusione nel bilanciamento tra Yin e Yang. Questo chiarisce perché si usa la definizione Yin per mosse morbide e lente, e quella Yang per mosse forti e veloci. Le forme e i movimenti circolari poi, racchiudono e armonizzano l’opposizione interconnessa di questi due principi, proprio come nel Taiji Tu.

Yin e Yang TianLab illustrazione

Nel video qui sotto possiamo ammirare la padronanza e la fluidità di quest’arte marziale espressa da giovani atleti esperti, che si sono esibiti alle Olimpiadi di Pechino del 2008. Con un po’ di intuito in diversi momenti si possono riconoscere il Taiji Tu disegnato nell’aria e le diverse espressioni artistiche dello Yin e dello Yang, la forza, l’elasticità, la sofficità, l’equilibrio.

 


Il Taiji Quan come pratica e Filosofia

Per poter praticare il Taiji Quan nella sua essenza più profonda è necessario coltivare se stessi, usando i movimenti per rendere la mente calma, in modo da condensare al meglio la propria energia. Per ottenere il potere interno è importante la concentrazione.

Ma cosa vuol dire? Come si fa?
Vediamo alcune parole chiave e diversi suggerimenti tramandati nel tempo:

 

  • Guida: La cosa migliore per praticare correttamente il Taiji Quan è essere guidati da un Maestro preparato.
  • Costanza: La pratica regolare richiede autodisciplina, serietà e meditazione.
  • Quiete: Praticare il Taiji Quan in totale silenzioso interiore e lentamente, agevola la concentrazione e la precisione dei movimenti.
  • Coscienza: È necessario usare la coscienza per guidare l’azione. Prima pensa e poi agisci, muoviti in modo intenzionale invece di muoverti per muoverti, solo in questo modo potrai fare bene qualsiasi cosa.
  • Qi: La pratica del Taiji Quan, specialmente attraverso le forme e i movimenti delle mani, richiede un utilizzo proprio dello spirito, della mente e del Qi, per dirigere opportunamente i movimenti corporei.
  • Wei-Wuwei: Quando hai abbastanza energia e sangue puoi muovere tutto il corpo per nutrire ossa, pelle e nervi, così puoi muoverti con leggerezza, senza muoverti.

In questi pochi punti si notano parole che potrebbe essere difficile afferrare, specie se non si conosce la cultura cinese. Due di esse in particolare meritano sicuramente una trattazione a parte ma, per brevità, qui ci limiteremo a dire che il Qi è l’energia che scorre dentro e al di fuori di noi, la linfa vitale che costituisce e anima ogni cosa. Il Wei-Wuwei, invece, è quello stato di flusso in cui almeno una volta nella vita vi sarete persi, svolgendo delle azioni magistralmente ma senza in realtà pensare a cosa stavate facendo. Un significato espresso poeticamente nel muoversi con leggerezza e senza sforzi fisici o mentali. Vediamo quindi che l’insegnamento stesso delle pratiche di Taiji Quan è strettamente legato alla filosofia olistica e naturalistica.

La meditazione stessa è parte dell’allenamento, ne è anzi la componente intrinseca ed inseparabile. I Maestri stessi descrivono quest’arte marziale come meditazione in movimento, una mindfulness con qualche secolo in più sulle spalle. Anche le descrizioni delle pratiche sono molto intuitive e dense di significati filosofici, d’altra parte c’è veramente poco di cui stupirsi visti i principi e gli scopi per cui è stata fondata quest’arte.

Ragazza che pratica Tai Chi

Chiaramente questa visione del Taiji Quan non deve indurci all’errore di credere che sia un’arte marziale meno efficace di altre. Dal punto di vista dell’autodifesa e del combattimento è molto esplicito il motto “Quattro once per battere mille libbre”. Questo significa che una piccola forza, se correttamente sincronizzata e calibrata, può sconfiggere una forza molto più grande. L’obiettivo nel Taiji Quan non è quello di vincere attraverso la forza ma è quello di leggere il proprio avversario, di assorbire, usare e spostare l’energia dell’attaccante attraverso un movimento fluido e bilanciato. La pratica corretta appare senza sforzo, sebbene possa generare un potere sorprendente che sembra in contrasto con i suoi movimenti delicati.

Immagina di essere concentrato e completamente immerso e di riuscire a cambiare posizione, forma, stato. Puoi imparare ad essere immobile e impalpabile quando serve e a diventare duro e veloce all’occorrenza. Ricordando la visione olistica tipica dei cinesi, non è difficile comprendere che se saprai farlo a livello fisico, imparerai a sviluppare queste abilità anche a livello psico-emotivo, assorbendo urti violenti, conservando equilibrio e flessibilità e diventando forte, risoluto, efficace e inarrestabile ad ogni evenienza.

Perché viene chiamata arte marziale interna?

Le arti marziali cinesi sono dette Wǔshù, (武术, dove wǔ significa guerra e shù significa arte) e sono comunemente classificate e nominate in base alla regione di appartenenza, alle famiglie di origine e alle abilità che sviluppano. Ne esistono però centinaia di stili, diffusi per via delle influenze, delle fusioni e del boom occidentale degli anni ‘70 con i film di Bruce Lee. Sono suddivise in categorie più o meno attendibili, ma nel tempo molti praticanti si sono auto-proclamati Maestri detentori di chissà quale stile autentico, altri hanno creato i loro stili e rilasciato dubbi diplomi e certificati. Così i boschi e le montagne cinesi, a cui si attribuivano le origini di queste arti, sono diventati mete per frotte di turisti e curiosi. Nel giro di mezzo secolo le arti marziali si sono trasformate in hobby, mode, business e non più un modo per comprendere il sé.

Tai Chi Taiji Quan

Oggigiorno il Governo cinese sta tentando di attuare una serie di normative per disciplinare la situazione caotica dei Wushu e classificare tutte le arti marziali, ma mettere ordine a questo insieme disomogeno di Wushu si sta rivelando davvero complicato. Ad ogni modo neanche la tradizione è mai riuscita in una classificazione accurata, anche se fra tutte quelle note, ci sono due macro classificazioni che le differenziano in stili del Nord e del Sud, note anche come arti marziali interne ed esterne.

Gli stili Nord e Sud indicavano le differenze tecniche di stile rispetto alla provenienza geografica ma ci si riferisce anche alla natura dei movimenti su cui si concentrano le singole arti. Negli stili del Nord, cioè a nord del Fiume Azzurro (Yangtze), vi è un uso prevalente delle gambe e del movimento fluido, mentre negli stili del Sud, al contrario, è prevalente l’uso delle braccia e delle posizioni più statiche. Da qui il detto “calci al nord, pugni al sud”.

Un’altra suddivisione geografica ci arriva dall’Accademia Centrale di Nanchino nella prima metà dello scorso secolo, in due lignaggi principali: quello Shaolin, in cui venivano praticati i sistemi esterni, e quello Wudang in cui venivano praticati i sistemi interni. Shaolin Si è il più famoso Tempio del Buddhismo Shaolin in Cina, sede dei famosi Monaci Guerrieri, ai piedi della montagna Songshan. Wudang invece è il nome di una montagna sacra che accoglie un complesso di templi Taoisti.

In Cina sono importanti anche altri luoghi per la pratica del wushu, come la montagna Emei, luogo sacro sia per i buddhisti che per i taoisti, che accoglie sia gli stili di arti marziali interne del Wudang che esterne del Shaolin. È comunque poco rilevante parlare degli stili in relazione al luogo di espansione, perché per secoli Maestri e praticanti si sono spostati con le loro idee per tutta la Cina, includendo e condividendo nuove visioni.

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Le arti marziali Esterne (Wài jiā) sono caratterizzate da movimenti rapidi ed esplosivi e si focalizzano sullo sviluppo muscolare. Comprendono sia stili tradizionali di combattimento, che stili moderni adattati alla competizione. Esempi di stili esterni sono lo Shaolin Quan e molte forme di Wushu che usano tecniche aeree spettacolari, che molti di voi avranno probabilmente ammirato in qualche esibizione televisiva, o dal vivo, con i monaci Shaolin.

Le arti marziali Interne (Nèi jiā) si concentrano sulla pratica di elementi come la consapevolezza, l’equilibrio psico-fisico e i principi della filosofia taoista. Il rilassamento del corpo libera dalle tensioni e permettere al Qi, ai fluidi organici ed al respiro di circolare meglio. L’elasticità e la flessibilità aiutano la coordinazione dei movimenti. Negli stili interni le forme sono generalmente eseguite a un ritmo lento e la potenza del Qi viene espressa attraverso le mani. Le arti marziali interne per eccellenza secondo il Maestro Sun Lutang sono il Bagua Zhang, lo Xing Yi Quan e naturalmente il Taiji Quan.

Un’osservazione attenta ci può far concludere che sia gli stili Neijia che Waijia hanno lo stesso fine, ossia liberare e nutrire il potere (Qi) e comprendere il messaggio speciale che porta. Hanno in comune principi fondamentali: tesaurizzare l’essenza vitale (Jing), rafforzare ossa, muscoli e tendini, migliorare la circolazione dell’energia (Qi) e dei liquidi corporei (Jin Ye), evolvere mente (Yi) e spirito (Shen), armonizzando la respirazione. La differenza è che gli stili interni partono e si concentrano appunto dall’interno, dalla parte spirituale ed energetica, mentre gli stili esterni enfatizzano la parte fisica, la risposta esteriore più materiale. Si può quindi anche affermare che è solo una questione di orientamento, ma ogni stile porta con sé sia un insegnamento interno che uno esterno ed è il risultato della fusione di più conoscenze. Nel gergo delle arti marziali infatti, si usa affermare che l’interno necessita dell’esterno per manifestarsi e l’esterno necessita dell’interno per avere forza vitale.

Qual è lo stile migliore?

Alla luce di quanto detto, qualcuno potrebbe voler passare a rassegna tutto lo scibile umano sugli stili di arti marziali esistenti, per comprendere quale possa fare più per lui e in quale specializzarsi. Questo tipo di approccio, non vogliatemene, è tipicamente occidentale.

Tralasciando le scelte che potrebbero basarsi su parametri più superficiali come “con quale stile faccio più bella figura?” o “quale stile neutralizza meglio l’avversario?”, qualcuno potrebbe anche chiedersi quale sia l’arte marziale per cui è più portato. Allora ipotizziamo che tu realizzi di essere una persona che vive e si esprime maggiormente in modalità Yang, più fisico, più dinamico, più atletico e possente.

Potresti pensare che ciò che fa al caso tuo siano le arti esterne, ma se hai posto attenzione al principio per cui nasce un’arte marziale, potresti non pensarla più così. Se lo scopo è quello di addestrare il corpo e la mente insieme allo spirito per giungere alla comprensione del sé, che senso potrebbe avere potenziare ulteriormente il proprio aspetto Yang già ipertrofico? Se sei un portento con la destra e con la sinistra non sai nemmeno tenere in mano una forchetta, cosa fai? Continui ad allenare la destra o ti dedichi maggiormente alla sinistra? La domanda giusta è “Qual è la parte di te che conosci e padroneggi meno?”

Le arti marziali sono uno dei tanti modi di fare esperienza della nostra vita. Cerchiamo di non renderla noiosa e proviamo a spingerci verso nuove frontiere, per valicarle e scoprire cose nuove di noi stessi e del mondo. Perché questo è il senso, scoprire l’infinità delle tue possibilità per prendere coscienza dell’infinità del mondo. Capiremo così che siamo molto più misteriosi e straordinari di quanto a volte crediamo.

One thought on “Cos’è il Tai Chi o Taiji Quan?

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